L'unica corsa al mondo su strada in cui si corre ancora in mezzo al fango e al pavé... e che vinca (sicuramente) il migliore...
(il link non funziona... riporto l'articolo di Dario Ceccarelli dalla Gazzetta dello Sport)
Parigi-Roubaix: sono pazzi questi francesi
di Dario Ceccarelli
Vi piacciono le sensazioni forti? Gli scenari da tregenda? Il fango e le pietre, il vento e la pioggia? Bene, questa domenica, prima dell'ultimo rush elettorale, c'è pane per i vostri denti.
Va in scena infatti la 104° Parigi-Roubaix, l'ultima follia del ciclismo moderno per i suoi detrattori, la regina delle classiche per i suoi inguaribili fan.
Non c'è scampo, non c'è via di mezzo. Come il palio di Siena o un incontro di Boxe, la Roubaix spacca in due: puoi amarla o odiarla, ma restare indifferenti, mai. Un celebre campione, come Bernard Hinault, la detestava di cuore. Lo accusavano, ghignando, che era un fighetto: proprio lui, il grande bretone, che aveva vinto cinque Tour de France! Così nel 1981, per farli tacere, si presenta alla partenza da Compiègne, celebre luogo di campagna a nord di Parigi, con le sue maestose ville imperiali ombreggiate dai platani. «Questa corsa mi fa schifo - dice rabbioso - è una "Cochonnerie", però voglio vincerla per farvi vedere che non ho paura». Hinault è di parola. Vince in volata e, scendendo stremato dalla bicicletta, esclama lapidario: «Mai più!».
Parafrasando Asterix, viene voglia di dire: sono matti questi corridori. In effetti, ci vuole una discreta incoscienza per affrontare più di 270 chilometri di corsa, 50 dei quali di pavè. Facile dire pavè: ma pedalarci sopra?
Felice Gimondi, vincitore nel 1966, dice che ci vuole almeno una settimana per smaltire i dolori.
«Tutte le ossa ti fanno male come se ti avessero preso a bastonate - ricorda il bergamasco -. Il pavè è micidiale: se cadi, sei finito. Per questo la regola base è stare davanti. Sempre. Ma soprattutto quando si arriva all'imbuto del pavè. Se passi in testa sei già a buon punto e la tua fuga può iniziare. Stare davanti è importante per evitare le buche o le pietre troppo grosse. Se c'è la banchina ciclabile, sul bordo, conviene star lì. Ma ogni tanto sei costretto a spostarsi sul pavè. Ma devi avere anche molta fortuna. Gambe, testa e molta fortuna: senza questi tre amici non si vince».
Insomma, l'avete capito: la Roubaix piace proprio perchè è una giostra di matti. I francesi, quelli che abitano in nelle vecchie zone minerarie del Nord, con le loro casette di mattoni rossi dal giardinetto squadrato e il bar Terminus in legno scuro che li aspetta per una birra "après le travail", i francesi, dicevamo, diventano pazzi per questa scampagna nell'inferno ciclistico.
Arrivano di prima mattina, stendono le tovaglie, stappano il beaujolais, tagliano il salame, e aspettano, fumando, l'arrivo della carovana. È una festa nella festa: i corridori, con le facce di fango, passano imprecando in questo budello di folla e di polvere che urla e smanaccia. Il tratto più spettacolare è quello della foresta di Aremberg, 2 km e mezzo di pavè micidiale che attraversa la campagna nei pressi di Wallers. Un punto molto pericoloso che nel 1998 costò al belga Johan Museeuw la rottura di un ginocchio, e nel 2001 la frattura del femore al francese Philippe Gaumont. Eliminato per le proteste nel 2005, domenica il corridoio di Aremberg viene ripristinato per la gioia dei fanatici del brivido. Questa è la Roubaix, dicono con un lampo di soddisfazione negli occhi ormai lucidi, tra un Pernod e l'altro.
Noi italiani, nell'albo d'oro, non sfiguriamo anche se il record appartiene al belga Roger De Vlaeminck con quattro vittorie. Nel dopoguerra, dopo Fausto Coppi (1950), ricordiamo Felice Gimondi (1966), Francesco Moser (1978-79-80), Franco Ballerini ('95, '98) e Tafi nel 1999. Sia Moser che Ballerini da queste parti vengono ricordati con ammirazione. Il trentino sembrava fatto apposta per questa corsa. Passista grintoso e tenace, Francesco andava incontro alla fatica con coraggio e fantasia. Ne vinse tre, una in maglia iridata. Ma altrettante ne perse per un soffio.
Per un soffio, otto centimetri, comincia l'avventura del signor Franco Ballerini. Quegli otto centimetri nel 1993 gli costano la vittoria in uno sprint mozzafiato con il vecchio Duclos Lassale, ormai quarantenne al suo quattordicesimo assalto. Uno choc per Ballerini, ormai sicuro d'aver vinto. Nelle docce del velodrormo dice piangendo: non correrò mai più in bicicletta!
Promesse da corridore, fortunatamente, perchè poi il grande Ballero, ora cittì della nazionale, si riscatta dominando le edizioni del 1995 e del 98. Toscano, con un fisico da corazziere, Ballerini sviluppa nei confronti della Roubaix una sorta di innamoramento che lo condiziona nel proseguimento della carriera. «La Roubaix la sentivo nell'aria come la primavera. Mi allenavo per dei mesi a questo appuntamento. Era la mia corsa, una lotta con la natura e con gli uomini. Ne ho perse tante, ma in quelle zone il mio nome se lo ricordano tutti».
Tredici successi italiani: Garin 1897e 1898; Rossi 1937; Serse Coppi (ex aequo con Mahè) 1949; Fausto Coppi 1950; Bevilacqua 1951; Gimondi 1966; Moser 1978-1979.1980. Ballerini 1995 e 19998. Tafi 1999
In televisione: diretta Rai 3 dalle 15,30. La Parigi-Roubaix numero 104 è la settima prova del Protour. Alla prima edizione, nel 1896, vinse il tedesco Fischer. La regina delle classiche è una delle cinque prove monumentali con Sanremo, Fiandre, Liegi-Bastogne-Liegi, Lombardia. Partenza da Compiegne alle 11, arrivo al velodromo di Roubaix verso le 17. In Tv : diretta su rai3 dalle 15,30
[Modificato da ELIPIOVEX 07/04/2006 17.00]
[Modificato da (Rosy) 07/04/2006 18.52]