Shakespeare fa bene al cervello
Sapere o non sapere: questo il problema
Volete allenare il vostro cervello? Ora si può, per merito dell'"effetto Shakespeare". E' meno conosciuto del celebre '"effetto Mozart, secondo il quale la musica del grande Wolfgang Amadeus, e solo la sua, avrebbe il merito di accrescere le capacità intelettive, ma l'influsso delle opere del drammaturgo britannico porterebbe a picchi improvvisi di attività nelle funzioni cerebrali. La notizia arriva da un gruppo di ricerca dell'università di Liverpool.
L'"impennata di intelligenza" pare sia dovuta ad una tecnica linguistica usata da Shakespeare e definita "spostamento funzionale". Esso consiste nel dare a un nome le funzioni di un verbo. I ricercatori hanno spiegato che questo processo causa un picco improvviso nell'attività cerebrale: il cervello infatti comprende il significato di una parola prima ancora di capirne la funzione all'interno della frase.
Lo "spostamento" inoltre spinge il cervello a lavorare a ritroso per comprendere il significato dei periodi. ''Il cervello reagisce come quando deve comporre un puzzle'', ha osservato Philip Davis, dell'università di Liverpool. In pratica", ha proseguito l'esperto, "inserendo nelle frasi parole apparentemente fuori dal contesto, Shakespeare sorprende il cervello".
E l'apporto shakespeariano alla nostra intelligenza è comprovato. Utilizzando la risonanza magnetica e l'elettroencefalogramma, i ricercatori hanno monitorato l'attività cerebrale di 20 persone durante la lettura di brani selezionati dalle opere di Shakespeare. Entrambi gli esami hanno mostrato che l'attività cerebrale presentava dei picchi quando i lettori si trovavano di fronte alla tecnica dello spostamento funzionale. Il passo successivo, hanno concluso i ricercatori, sarà utilizzare ulteriori esami per comprendere quali zone del cervello siano maggiormente coinvolte durante la lettura di Shakespeare.