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Lazio, addio Europa
Ma con dignità

Gli uomini di Rossi subiscono un Real debordante nel primo tempo, chiuso già sotto 3-0, e nella prima parte della ripresa. Poi il gol di Pandev li trasforma, e arrivano le occasioni fino al rigore fallito da Rocchi. Così l'uscita, anche dall'Uefa, è a testa alta

MADRID, 11 dicembre 2007 - Fino alla mezzora della ripresa si sarebbe detto: va bene uscire dall'Europa, ma non così. Perché la Lazio si era fatta dominare senza appello dal Real, apparentemente incapace di reagire. Poi il gol di Pandev ha messo in campo un'altra squadra, che ha sfiorato più volte il raddoppio fallendo anche un rigore. Ma rendendo comunque l'addio europeo decisamente più dignitoso.
SPAVALDERIA - La Lazio parte cercando subito di soprendere gli avversari, e senza timori reverenziali. Ma quando questo atteggiamento si trasforma in spavalderia, e si gioca al Bernabeu, allora i dolori arrivano presto. Succede infatti già al 13', quando sul fronte sinistro dell'attacco dei blancos si crea facilmente una superiorità numerica che consente a Baptista di prendere la mira dai 20 metri e di insaccare angolatissimo. E risuccede due minuti dopo, quando Raul è lasciato liberissimo per la schiacciata vincente a rete, nonché al 35', con Van Nistelrooy che fa quello che gli pare in area per poi dare a Robinho una facile palla da mettere dentro da pochi passi. Così gli uomini di Rossi restano frastornati, e non riescono ad approfittare di quelle sbavature difensive che sono il tradizionale tallone d'Achille del Real, e che si sono viste anche stasera: al riposo, il 3-0 è un macigno.
LA RIPRESA - Stesso copione al rientro in campo. La Lazio riprova a mettere in scena l'assalto ma poi è solo Real. Gli uomini di Schuster spadroneggiano a centrocampo e soprattutto sulle fasce, permettendosi folate irresistibili e anche giocate di fino (vedi l'aggancio di tacco di Sergio Ramos di un difficile pallone sul filo del fallo laterale). Gli unici a unirsi allo show sono i soliti Ballotta (gran volo a evitare il 4-0) e Rocchi (rovesciata acrobatica). E proprio dai piedi dell'attaccante nasce il gol che rivitalizza un po' i biancocelesti: lo spunto sulla destra e il tiro-cross regalano a Pandev un pallone da deviare in scivolata. Di lì è un'altra Lazio, ci prova più volte e nel recupero ottiene anche un rigore, ma Casillas si oppone a Rocchi. L'onore, però, è salvo grazie a un dignitoso finale.
Pier Luigi Todisco
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L'Inter non è in vacanza
Segna Cruz: Psv al tappeto

L'argentino sfrutta il grande lavoro di Suazo e firma il gol che chiude un girone dominato dai nerazzurri. Gli olandesi, in dieci a lungo per l'espulsione di Mendez, finiscono in Uefa

EINDHOVEN (Olanda), 12 dicembre 2007 - Per capire se l'Inter abbia già raggiunto il livello delle squadre destinate a giocarsi i due posti per Mosca bisognerà attendere la primavera. Nel frattempo della squadra che batte anche il Psv (1-0), che ha perso in tutto due partite su 21 e dominato il gruppo G della Champions, va apprezzata la capacità di tutti gli elementi di incidere al momento della "chiamata alle armi". La banda Mancini non conosce soste. Avanza con i gol di Cruz, quarto gol nelle ultime cinque partite, dieci dal'inizio della stagione, e i guizzi di Suazo. Ma anche con la vitalità di Solari e la freschezza delle seconde linee.
TRIDENTE - Era da più di un anno (trasferta a Cagliari) che l'Inter non iniziava con un attacco a tre teste. A sorpresa Mancini allarga il reparto più avanzato dando a Cruz l'ennesima maglia da titolare, mentre a Bolzoni spetta il compito di sorvegliare la zona centrale del campo. Il movimento continuo di Suazo è l'aspetto più interessante del primo tempo nerazzurro perché dai tagli dell'honduregno prendono avvio le occasioni di Solari (bravo Gomes a restare su fino al momento del tiro) e Cruz (deviazione sospetta di Zonneveld a un passo dalla linea).
SPEEDY SUAZO - Gli olandesi non possono esibire grande qualità e non vanno oltre due bordate su punizione. Sarebbero ancora più insidiosi se un rilancio dalla difesa non tagliasse a metà la squadra, lasciando il povero Mendez nell'uno contro uno con Suazo. Una scena dal finale scontato: rosso per Mendez, l'honduregno a mordere l'erba dopo l'impatto. La velocità dell'ex pupillo di Cellino resta un mistero per i difensori di Wouters, che si rassegnano a salutare la Champions (entreranno in gioco in coppa Uefa).
IL GOL - Nel secondo tempo, minuto 18, Cruz sbriga con facilità addirittura imbarazzante la pratica dell'1-0. E' Suazo che pensa a tutto: ruba palla, salta Salcido, scherza Simon e mette in mezzo per "El Jardinero", all'altezza dell'area piccola. Mancini può dar fiato a Chivu e Maxwell, e guardare con tranquillità gli ultimi minuti di partita. Facendo magari un pensierino al sorteggio di venerdì, tappa cruciale del cammino nerazzurro che riprenderà il 19 o il 20 febbraio. Il conto alla rovescia è già iniziato.
Antonino Morici
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Roma bella addormentata
Mancini la sveglia: è 1-1

I giallorossi nell'ultima giornata della fase a gironi di Champions vanno in svantaggio per il colpo di testa del difensore Piquè, poi nel secondo tempo reagiscono e trovano il pari col brasiliano, pungolato alla vigilia da Spalletti. Nel finale palo del nuovo entrato Vucinic

ROMA, 12 dicembre 2007 - La Roma pareggia ancora 1-1. Ma stavolta il risultato ha una sapore molto più dolce rispetto a quello di Livorno, ultima uscita di campionato. I giallorossi impattano con il Manchester United, che si presenta all'Olimpico in formazione rimaneggiata, ma sotto sotto spera di poter concludere il girone di Champions a punteggio pieno. Va anche in vantaggio con il baby Piquè, ma poi la Roma si sveglia, reagisce e trova un meritato pareggio. La firma è importante: gol di Mancini. Proprio il brasiliano, cui Spalletti non le aveva mandate a dire: "Si lamenti meno di sostituzioni e panchine e pensi a giocare meglio" - questo il succo del discorso del tecnico toscano -. E l'esterno offensivo della Roma ha recepito il messaggio colpendo una traversa nel primo tempo e segnando con un calibrato interno destro nella ripresa. Nel finale la Roma sfiora anche il successo grazie agli innesti di Vucinic e Giuly, ma il montenegrino colpisce un palo, e finisce "solo" 1-1. Frutto di una prestazione positiva che dà morale in vista della trasferta di Torino (con i granata) e di un sorteggio di Champions (venerdì) che si preannuncia pericoloso, con tanti squadroni arrivati primi nel loro girone e che potrebbero incrociarsi con i giallorossi, secondi nel gruppo F. Il Manchester si gode la qualità dei tanti giovani del vivaio e si prepara al meglio per la sfida di cartello di campionato domenica ad Anfield contro il Liverpool, rigenerato dalla quaterna al Marsiglia di coppa.
PIQUE' GOL - Nel primo tempo la Roma sembra la bella addormentata. Il Manchester ha lasciato fuori la difesa titolare e Cristiano Ronaldo, ma quelli che scendono in campo ci tengono a fare bella figura. E così nei primi 10' sembra che il Manchester abbia bisogno di questi tre punti, nemmeno ci fosse in palio la qualificazione, o il primo posto nel girone. Poi la Roma entra in partita, e Totti segna, ma era in fuorigioco sul rilancio lungo di Mexes. È comunque il Manchester a farsi più pericoloso con un colpo di testa del jolly tattico O'Shea, stasera a sinistra, sul lancio di Rooney: è bravo Doni a deviare sopra la traversa. Proprio di testa arriva il vantaggio dei Red Devils. Lo segna il giovane difensore centrale Piquè su angolo da sinistra calciato dal funambolo Nani. La Roma si sveglia, Mancini colpisce una traversa di sinistro su assist di Totti, ed Esposito - dopo l'errore gol di Old Trafford - concede il bis non richiesto spedendo alto di testa la successiva palla vagante a porta vuota. L'ex Cagliari aveva già mancato una ghiotta occasione, ancora di testa, non proprio la specialità della casa, su perfetto cross di Cicinho. Nel finale di tempo Mancini impegna ancora Kuszcak, il vice Van der Sar, su bel centro di Antunes, piacevole rivelazione sulla fascia sinistra. Insomma, ora la Roma c'è, ma va all'intervallo sullo 0-1.
SPRECHI - Nella ripresa Spalletti inserisce De Rossi, e "alza" Pizarro sulla linea dei trequartisti dietro Totti. La prima occasione è per gli ospiti. Mischia in area giallorossa su angolo, Doni è provvidenziale e alza sopra la traversa. La Roma replica con un destro violento da fuori area di Barusso, appena largo. È l'ultima occasione per il centrocampista ex Rimini, sostituito da Giuly. Entra anche Vucinic, per Esposito. Poi Rooney inventa per Saha, Doni in uscita intercetta il sinistro del francese.
MANCINI GOL - Il gol del pareggio lo trova Mancini con un delizioso interno destro piazzato sul secondo palo sul passaggio di Vucinic. La Roma insiste. Ora crede nella vittoria. E con qualche titolare in più gioca anche bene. Entra in partita anche il pubblico. Ora le occasioni si sprecano. Vucinic colpisce un palo con un gran guizzo, e allo scadere si divora il 2-1 con un sinistro altissimo da sottomisura. Ma anche il Manchester in contropiede spreca una grande occasione con Nani, che sbaglia il pallonett solo davanti a Doni. Insomma è 1-1, al termine di un secondo tempo divertente.
Riccardo Pratesi
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21/12/2007 13:29
 
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Sorteggio: Liverpool-Inter
Roma-Real, Arsenal-Milan

Ottavi di finale di Champions League, sorteggio durissimo per italiane. Le milanesi trovano le inglesi. i giallorossi contro la squadra di Schuster. Questi gli altri accoppiamenti: Celtic-Barcellona, Lione-Manchester United, Schalke-Porto, Olympiacos-Chelsea e Fenerbahce-Siviglia

NYON (Svizzera), 21 dicembre 2007 - È Italia contro Inghilterra, negli ottavi di finale di Champions League. Ma anche Italia contro Spagna, ossia Roma contro Real. Insomma, peggio di così non poteva andare. L'Inter ha pescato il Liverpool, avversario della finale dello scorso maggio contro i cugini del Milan, mentre i rossoneri sono stati abbinati all'Arsenal, una delle formazioni più brillanti d'Europa in questo scorcio di stagione, dopo l'addio di Henry. Inserita in seconda fascia, la squadra giallorossa ha pescato tra il gruppo delle grandi d'Europa il Real Madrid, rivale già di due passate edizioni ma nella fase a gironi. In questo caso si tratta di eliminazione diretta, con andata il 19 o 20 febbraio e ritorno il 4 o 5 marzo. La Roma giocherà la prima in casa, a differenza di Inter e Milan che in quanto testa di serie giocheranno l'andata in trasferta. Gli ottavi delle tre italiane sono quelli a più alto tasso tecnico di tutto il tabellone.
Ecco tutti gli accoppiamenti
Celtic-Barcellona
Lione-Manchester United
Schalke 04-Porto
Liverpool-Inter
Roma-Real Madrid
Arsenal-Milan
Olympiacos-Chelsea
Fenerbahce-Siviglia

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21/02/2008 18:37
 
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Kuyt-Gerrard: tonfo Inter
A San Siro serve l'impresa

Brutta sconfitta dei nerazzurri ad Anfield: in 10 dal 29' per l'espulsione di Materazzi, la squadra di Mancini non tira mai subendo l'iniziativa del Liverpool. Dominio premiato nei 10' finali con l'uno-due dell'olandese e del capitano

LIVERPOOL (Inghilterra), 19 febbraio 2008 – Comincia male l’avventura dell’Inter nella fase cruciale della Champions. Davanti agli occhi di Fabio Capello, c.t. dell’Inghilterra, i nerazzurri perdono (2-0) a Liverpool nell’andata degli ottavi, resistendo in 10 contro 11 per quasi un’ora, fino ai gol di Kuyt e Gerrard. Brutto infortunio per Cordoba: nel ritorno, oltre a Materazzi, rischia di restare fuori anche lui.
DA BRIVIDI – Vieira parte dalla panchina. La formazione è quella più scontata, con Chivu arretrato, Stankovic e Cambiasso nella metà campo che ha Maxwell e Zanetti sugli esterni. La musica della Champions, per una volta, non la sente nessuno. La Kop detta legge, ed è un canto che intimorisce. L’inno sacro al popolo Reds viene ripetuto più volte, senza sosta. Tanto per far capire ai nerazzurri di avere davanti una montagna da scalare.
MURO – Benitez crea un muro in mezzo: Lucas e Mascherano coprono Gerrard, Kuyt e Babel, i tre che rendono agile la manovra dei Reds. Torres è l’unico riferimento offensivo, ma sui ribaltamenti attaccano tutti, compreso Carragher, che al 3’ chiede il rigore per un tocco di braccio di Cordoba. Il primo quarto di gara è in apnea: Kuyt attacca a sinistra, Babel dalla parte opposta. Martellano, ma senza arrivare a Julio Cesar.
ROSSO 23 – Difficile scavare un’intensità maggiore dall’anima di una squadra apparentemente in crisi. De Bleeckere lascia correre quando Mascherano maltratta Cruz, poi si fa inflessibile con l’Inter: così Materazzi finisce fuori alla mezz’ora per due falli su Torres. La partita si spacca in due. Chivu affianca Cordoba, Maxwell scala in difesa, Stankovic passa da interno a perno laterale; le punte restano due. Scelta coraggiosa.
CON PATRICK – In 45’ di pressione i Reds impegnano Julio Cesar due volte, ma è routine per il brasiliano. Cruz ha il compito di sacrificarsi per turare la falla a destra fino a quando Mancini non inserisce Vieira. L’avvio del francese è da brividi: rischia un rilancio e apre il campo a Torres, chiuso in angolo da Julio Cesar (58’). Poi, dopo una zuccata di Hyypia, prende con la mano un pallone alzato in area da Gerrard, facendo scoppiare di rabbia la curva rossa.
CORDOBA CRACK – Il monologo dei “Rafa boys” prosegue con le discese di Finnan e i tentativi di Torres, che fa in tempo a esplodere una cannonata da 25 metri prima di lasciare il posto a Crouch. Vieira dà qualche segnale di risveglio con una conclusione da fuori ma non è serata per l’Inter, perché dopo l’espulsione di Materazzi “salta” pure Cordoba nell’azione che porta al tiro Crouch (ginocchio, rischia un lungo stop). Un guaio che costringe Mancini a un altro stravolgimento difensivo e a chissà quali alchimie per la gara di ritorno.
LA FINE – E’ assalto ostinato, continuo, cattivo. I nerazzurri non cedono un centimetro di campo e il conto degli angoli (11-1) aiuta a comprendere le dimensioni di quella che sarebbe stata un’impresa, sfumata a 5 minuti dalla fine per una deviazione di Maicon che toglie a Julio Cesar la possibilità di intervenire sul tiro di Kuyt. Il guaio serio, guardando alla partita di San Siro, è che Gerrard trova il 2-0 con un angolo impossibile al 90’, capovolgendo l’inerzia della sfida dalla parte dei Reds. A San Siro servirà un’altra impresa, come quella di 43 anni fa.
dal nostro inviato Antonino Morici
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Roma, una notte da sogno
Il Real Madrid si arrende

I giallorossi battono in rimonta gli spagnoli 2-1. Dopo soli otto minuti Raul fredda l'Olimpico deviando in rete un tiro di Guti. Al 24' arriva il pareggio di Pizarro e nella ripresa Mancini, servito da Totti, fissa il risultato con una magia

ROMA, 19 febbraio 2008 - La Roma c’è. Batte un ottimo Real Madrid 2-1 nell’andata degli ottavi di finale di Champions League. Lo fa con le unghie, con il carattere, con l’orgoglio in un Olimpico gelato per la temperatura ma incandescente per il tifo giallorosso. Lo fa, forse oltre i meriti, dopo un primo tempo passato in trincea, a tenere duro aspettando tempi migliori. Arrivati nella ripresa. E capitalizzati. Il bel gioco non c’è stato? Pazienza. Del resto la Roma era da sempre accusata di essere bella e mai cinica. Stavolta lo è stata. E considerato che le gambe in questo periodo per i giallorossi non girano al massimo, e le ultime prestazioni in campionato ne sono state specchio fedele, deve andare benissimo così. Perchè per la prestazione odierna era il massimo risultato sperabile, e perchè tra 15 giorni a Madrid potrà aspettare il Real e ripartire in contropiede. Magari con una condizione atletica migliore. Di sicuro con qualche certezza in più: a un passo dal baratro ha saputo tornare in strada. Non ci sarà un altro Manchester, a Madrid stavolta andrà per giocarsela fino al 90’.
SUPER REAL - Il primo tempo è tutto del Real. Che ha il solo torto di non saper chiudere partita e qualificazione. Ma la squadra di Schuster è padrona del gioco. Fa possesso palla con grande qualità, cercando pazientemente la superiorità numerica, poi accelera con improvvise verticalizzazioni. E ogni volta che affonda l’Olimpico trattiene il fiato. Davanti fanno paura. La Roma è in difficoltà. La coperta sembra sempre troppo corta: tampona da una parte, si scopre dall’altra. I giallorossi continuano a lottare, generosi, mai domi, ma sembrano un pesciolino nell’acquario: per quanto si muova resta sempre lì. Il Real toglie infatti loro l’iniziativa, e poi pressa alto in fase di non possesso, non dando spazio e tempo a Pizarro e De Rossi per impostare la manovra. Per la Roma la strada si fa subito in salita: all’8’, al primo affondo ospite, arriva il cross dalla sinistra di Robben, sinistro di Guti deviato in tap-in da Raul, che anticipa Cassetti, in affanno. La Roma reagisce d’inerzia, con carattere e rabbia. Ci prova con Cassetti e Perrotta, niente da fare. Robben, il migliore dei suoi, se ne va ancora, stavolta sulla destra, Raul di testa mette a lato sottomisura. Più gol sbagliato che gol sfiorato. E il Real paga caro l’errore. Perchè la Roma pareggia. Mancini se ne va sulla sinistra, mette in mezzo, e dopo uno scontro frontale Gago-Totti la palla resta lì, di fronte all’accorrente Pizarro, che si trova la porta spalancata. E non sbaglia. Il centrocampista festeggia ballando la cueca, la danza cilena. Il primo tempo si chiude sull’1-1. La sensazione è dello scampato pericolo: il pugile giallorosso ha incassato parecchio, ma è ancora in piedi, in partita, e alla grande.
VERA ROMA - I giallorossi nella ripresa provano a partire forte. Sospinti da un pubblico impagabile. Che ci crede, al di là di quello che vede, e vuole che i giallorossi ci credano. L’impresa si può fare, pure di fronte a questo Real. La Roma continua a soffrire sugli esterni bassi, Robben è imprendibile, ma qualcosa è cambiato. La Roma è più volitiva, il Real stanco. E i giallorossi passano. Per la seconda volta. Gol splendido. Da vera Roma. Totti si libera di Gago come di un moscerino a metà campo, se ne va palla al piede e verticalizza per il perfetto inserimento di Mancini, che dribbla Casillas e segna il 2-1. Ora la partita è vibrante. Real tutto avanti, Roma che stringe i denti e riparte in contropiede con il nuovo ossigeno portato dai subentrati Aquilani e Tonetto. Van Nilstelrooy colpisce un palo, la Roma spreca una ripartenza 4 contro 2. E tiene. Tiene. E porta casa un 2-1 che tiene in bilico la qualificazione ai quarti.
diRiccardo Pratesi
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Milan Fort Apache
Resiste all'Arsenal

All'Emirates Stadium finisce 0-0. Partita di sacrificio per i rossoneri che subiscono a tratti il gioco dei Gunners. Dominio sterile dei britannici, ma grande carattere dei campioni in carica. Traversa di Adebayor al 94'

LONDRA, 20 febbraio 2008 - Esperienza, carattere, solidità. Il Milan strappa lo 0-0 all’Arsenal nella prima sfida degli ottavi di Champions grazie alle qualità che gli hanno garantito lunga vita in Europa. Una piccola impresa considerato l’andamento della partita condotta dai Gunners, determinati, ma inconcludenti.
CON PATO – La vera sorpresa rispetto alle attese è Pato. Il brasiliano aveva urlato di dolore la sera del 3 febbraio girando la caviglia a Firenze; a Londra, 17 giorni dopo, comincia da titolare la prima grande sfida di Champions della sua carriera bruciando Gilardino. Kalac è al suo posto, Oddo difende a destra. Wenger sposta le sue pedine: Eduardo e Hleb partono dietro ai 193 centimetri di Adebayor, con il bielorusso piazzato strategicamente in zona-Pirlo.
ALTA VELOCITA’ – Tourè esce subito per infortunio (dentro Senderos). I Gunners portano il motore al massimo dei giri, restringono di pura agilità il campo. Adebayor viene contenuto a fatica nello scatto e sui cross di Sagna, e non si tira indietro se c’è da rispondere ruvidamente alla guardia montata da Kaladze, costretto talvolta al tackle della disperazione. Viene da pensare che qualsiasi altra squadra verrebbe sovrastata dai primi 20 minuti di questi dannati in maglia biancorossa. Non è così per il vecchio Milan, che rintuzza e chiude d’esperienza, pungendo appena possibile Lehmann (testa di Maldini su azione d’angolo).
NESTA K.O. – Qualche sbavatura nel finale del primo tempo costa il brivido di vedere Flamini due volte in posizione di sparo grazie a uno slalom di Eboué (bravo Kalac) e a un errore di Pirlo. L’assetto del Milan cambia quando Nesta è costretto al cambio: Maldini affianca Kaladze, Jankulovski subentra sulla fascia sinistra, quella arroventata da Eboué. La pressione dei Gunners aumenta: Eboué manda all’aria il lavoro perfetto di Hleb; Kalac deve uscire a valanga su Adebayor, Eduardo mira alto da buona posizione; tutto tra il 7’ e il 10’ della ripresa.
SEMPRE IL CAPITANO – L’ultima mezz’ora esalta Maldini, che da centrale toglie l’aria ad Adebayor. E’ davanti che i rossoneri mancano, scegliendo soluzioni prevedibili come quelle di Oddo (diagonale alto) e Kakà, in serata no. In più manca sempre qualcuno che faccia salire la squadra, così la palla stazione nella metà campo del Milan. In definitiva va benone quando Eduardo spreca nel cuore dell’area, quando Fabregas tira centralmente da 20 metri su Kalac e pure quando Kaladze rincorre Bendtner e chiude il buco difensivo prima che sia troppo tardi.
FINALE – Con Gila al posto di Pato i rossoneri guadagnano il secondo tiro in porta della partita. Ma è dall’altra parte del campo che si decide tutto, con le parate di Kalac su Adebayor e Fabregas, e l’erroraccio di Bendtner in contropiede. Il recupero è una sofferenza infinita: al 93’ Adebayor centra la traversa incornando un traversone da sinistra. In caso contrario l’Arsenal avrebbe potuto impostare la gara di ritorno sul gioco di rimessa partendo dall’1-0 dell’Emirates Stadium. Non sarà così. Se potete, non perdete lo spettacolo del ritorno.
dal nostro inviatoAntonino Morici
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Milan fuori dall'Europa
Fabregas è l'oro Arsenal

I rossoneri salutano la Champions dopo una partita iniziata bene ma lasciata via via nelle mani dei Gunners. Che firmano la vittoria nel finale grazie alle reti dello spagnolo, autore di una gara pazzesca, e Adebayor

MILANO, 4 marzo 2008 - In una notte britannica l'Arsenal diventò leone e azzannò il Milan. Il romanzo è giunto probabilmente alla sua fine. La storia di un ciclo straordinario che arrivò al fatidico bivio. Sì, in una notte britannica il Milan viene graffiato e battuto dai Gunners che conquistano un meritato quarto di finale, grazie ai gol di Fabregas a 39' e Adebayor al 47' della ripresa.
IL RITORNO DEI GIGANTI - Con il ritorno di Kakà, Pirlo e Nesta, la soluzione Inzaghi-Pato in attacco, Ancelotti sognava tracce di Milan-Manchester, anche se l'assenza di Seedorf avrebbe tolto alla squadra una percentuale di personalità e di fantasia. La sfida con i Red Devils rimane invece un antico ricordo. L'Arsenal è altra squadra e impone ritmi diversi e una concentrazione costante. Al 7' Hleb prova da lontano, ma senza successo. La replica dei rossoneri è micidiale. Nel contropiede Pato fa vedere di che pasta è fatto con una conclusione da posizione angolata deviata in corner. Maldini raccoglie dalla bandierina e Fabregas salva sulla linea. Pressing violento, unica soluzione contro gli inglesi che speculano poco e spingono a testa alta senza timore. La cronaca è fitta. Al 13' Diaby sbaglia di poco da fuori area. Al 14' un rabbioso Maldini mette dentro per Inzaghi che in girata di sinistro impegna Almunia.
PATO, CHE ERRORE! - E' il più bel momento del Milan che spinge poco sulla destra, dove Diaby detta legge, e sfrutta il corridoio opposto grazie a sovrapposizioni perfette. Ma cosa combina Pato al 19'! Kakà fa un miracolo: passo felpato d'autore a tutto campo e un cross di rara bellezza al ragazzino che, appostato davanti a Almunia, si limita ad alleggerire la palla al portiere dei Gunners, fallendo un logico pallonetto. Spinge il Milan. Al 20' Clichy toglie l'urlo del gol a Pippo. Al 22' Kakà sfiora il palo dal vertice destro dell'area. Minuti incontenibili, in cui l'Arsenal sembra prossimo al tracollo.
SOLO ARSENAL - I Gunners soffrono, ma sono giovani e riescono a superare la crisi sfruttando la loro maggiore forza fisica e il minimo errore della difesa rossonera. Adebayor al 28' manca il vantaggio di un pollice. Quello di Kalac. L'occasione del togolese trasforma i Gunners che fino al termine della frazione di gioco schiacciano il Milan, grazie anche a uno straordinario possesso palla che culmina al 34' con la traversa colpita da Fabregas. Un dominio territoriale costante contro un Milan in affanno che sbaglia tutto e non riesce più a oltrepassare la trequarti londinese.
CON LE UNGHIE - Segnali di una favola agli sgoccioli. L'Arsenal inizia infatti la ripresa così come aveva finito il primo tempo. I ragazzi di Wenger attaccano a tutto campo come se San Siro fosse l'Emirates. E solo la dabbenaggine di Senderos al 3', tiro in bocca a Kalac, non apre il divario fra le contendenti. L'anima di Paolo Maldini palpita. Da vecchio leone non ci sta a mollare la presa spingendosi anche in attacco. Al 9' Pirlo impegna Almunia su punizione. Poca roba. Ci vorrebbe ben altro per abbattere i ragazzi di Wenger, mentre in difesa Maldini e Nesta mettono pezze. Kakà ci prova al 18'. La solita sinfonia: fuga, accentramento e tiro. Manca solo la lucidità.
LA ZAMPATA DI CESC - Ancelotti chiede un miracolo a Gilardino che prende il posto di Inzaghi al 24'. E' Walcott a prendere invece il posto di Eboué tra i Gunners. Al 30' Maldini e Kalac si immolano sul nuovo entrato. Al 34' Pato trova l'angolo giusto dal limite, ma c'è deviazione in angolo: vista da tutti tranne che da Plautz. Poi gli ultimi minuti in surplace, in cui la paura assale tutti e dove un errore può essere fatale. Come Pirlo che perde palla. O quel fenomeno di Fabregas che la addomestica e infila alla destra di Kalac al 39', ingannato da un rimbalzo. Per il gol che vale la qualificazione. Dilatato poi dal raddoppio di Adebayor. Scriverlo è doloroso, ma è giusto così.
Gaetano De Stefano
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