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Licenziato da scuola per aver criticato l'intolleranza islamica

Ultimo Aggiornamento: 07/10/2006 14:36
07/10/2006 14:36
 
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Quel piccolo professore e la sua grande denuncia

Non si conoscono nei dettagli le motivazioni che hanno spinto il preside del liceo Pierre-Paul Riquet di Saint Orens de Gameville, in provincia di Tolosa, a licenziare il professore Robert Redeker, docente di filosofia, agli onori della cronaca in questi giorni per un articolo apparso su Figaro. C'è da augurarsi comunque che non sia questa la ragione di una così drastica punizione, che va altrimenti trovata nella condotta professionale del docente, certo non colpevole, quando ha dato forma al suo profondo disagio, scrivendo un pezzo critico sull'intolleranza islamica verso il famoso discorso di Ratisbona di Benedetto XVI.
Che lo sconosciuto professore si sia mosso, pur con toni aspri e poco accomodanti verso quello che ritiene essere un attacco ideologico contro l'Occidente, che "vuole imporre la sua cappa di piombo sul mondo", reso pavido dalla violenza dell'aggressione islamica di questi tempi, è non solo un diritto della sua coscienza intellettuale, ma anche un monito per i molti ben più famosi maître à penser di casa nostra, che, timorosi, sembrano impotenti a creare le condizioni per un costruttivo dibattito sul futuro della nostra cultura.
A dire il vero, in Francia più di uno si è mosso per difendere questo inalienabile diritto intellettuale di critica nei confronti di eventi così rilevanti, a cui tutti assistiamo con trepidazione. Anche lo Stato sembra essersi sensibilizzato, offrendo protezione al professore, contro cui si è scatenata la fatwa islamica. C'è da sperare che la nostra vecchia Europa, oggi più esposta ai colpi esterni, appaia sempre più protetta nella sua millenaria identità che ha visto, a metà del secolo scorso dopo i disastri della II guerra mondiale, la difesa coraggiosa di molte voci sofferte, come quella di Edmund Husserl, di Karl Jaspers o di Marìa Zambrano.
La resa progressiva dell'Occidente non può irrimediabilmente consumarsi, e, se basta il grido di un oscuro professore francese a scatenare contro di lui l'ira islamica, dovrebbe ricordare ai molti l'ineludibile compito di salvaguardare l'anima della propria civiltà, senza offendere la sensibilità religiosa di alcuno e con l'intento costruttivo di rispondere ad una identità forte con una altrettanta identità salda e motivata. E' questo l'unico modo per reagire all'attacco islamico contro Benedetto XVI, che non sembra ancora spegnersi, e che a Ratisbona - bisogna ancora ripeterlo? - non ha inteso colpire alcuna religione, ma solo ribadire con forza la doppia anima dell'Europa, erede della tradizione cristiana e figlia della ragione illuministica, sviluppatosi nei secoli in un intreccio virtuoso, oggi più che mai da potenziare.
Nel rispetto del patrimonio che ogni religione custodisce, ci si dovrebbe tutti preparare ad un duplice impegno: quello di comprendere e valorizzare il fondamento della propria tradizione, nella fedeltà all'evento fondativo della Rivelazione che l'ha suscitata e, al contempo, instaurare - a livello teologico e culturale - un sano rapporto tra fede e ragione, così da coltivare una necessaria mediazione ermeneutica e critica.
Ai tanti credenti islamici, che in questo periodo celebrano il mese di Ramadan l'augurio che il loro digiuno, strumento ottimo per una profonda esperienza spirituale, sia accompagnato - come vuole la legge - da una serena disposizione d'animo, che allontana la tentazione del litigio, della calunnia, dei cattivi pensieri, così che solo Dio ridoni alle parole il nome prezioso della pace.

Paola Ricci Sindoni
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